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‘Il peccato e la grazia. Letteratura e cattolicesimo nella Francia del ‘900’ di Giuliano Vigini

Tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento alcuni tra i maggiori scrittori francesi vengono attratti dal messaggio del Vangelo e da un sentire condiviso contro i tanti “ismi” del secolo condannati anche dalla Chiesa: positivismo, scientismo, materialismo, naturalismo, modernismo, laicismo. In un saggio dal titolo Il peccato e la grazia. Letteratura e cattolicesimo nella Francia del ‘900,  il saggista Giuliano Vigini offre un quadro completo di questa letteratura lontana da tentazioni apologetiche e certezze inconfutabili, ma capace di dipingere situazioni e personaggi alle prese con azioni delittuose, fallimenti esistenziali, solitudini e angosce, grazie ad autori che meritano di essere nuovamente scoperti, da Bloy a Huysmans, da Péguy a Mauriac, da Claudel a Bernanos.

La narrativa cattolica francese si sviluppò nel periodo compreso tra anni ’20 anni ’60, spesso in dialogo con eventi storici come la guerra diSpagna, la Seconda guerra mondiale la resistenza, influenzando la postura morale politica degli autori. La loro letteratura si distingue per profondità psicologica, tensione mistica forte spirito criticoponendosi come un universo narrativo originale moralmente impegnato.

Se non per tutti, certo per molti artisti e intellettuali euro­pei, gli autori che sono stati oggetto di questo saggio sono stati una presenza rinnovatrice che ha aperto orizzonti e alimentato ideali di tutta una generazione. Ora però ci si domanda come mai tanta eredità sia oggi per gran parte dimenticata dai più e come mai non si tenti di recuperarla e rivalutarla. Certo, non ci si può illudere che, nella temperie del no­stro tempo, si possa assistere a una nuova primavera letteraria di questi scrittori, ma ci si potrebbe almeno augurare che essi possano ancora far parte di una cultura capace di riconoscere ciò che sono stati e che ancora possano dare. (Giuliano Vigini).

Fuori da una connessione strettamente materialista, l’uomo, ogni uomo, guarda sempre più in là. Scriveva Giorgio Saviane in Voglio parlare con Dio (Mondadori, 1996): “Non c’è una regola per trovarti, Dio. Semmai è la regola a non avere regole che mi fa sperare di udire un giorno la tua voce”. La letteratura si muove nell’umano, e nell’umano c’è la morte, non solo la natura. C’è la confessione, il desiderio di un amore che non finisca mai. Anche l’italiano Pier Paolo Pasolini fu attratto dalla figura cristologica proiettata sui suoi giorni per capire la destinazione di un viaggio cognitivo.
Antonio Spadaro, gesuita, teologo, direttore della rivista “La Civiltà Cattolica”, ha dedicato molti interventi al rapporto tra letteratura e cattolicesimo. Ricordiamo in particolare Abitare nella possibilità (Jaca Book, 2008), un libro compiuto in cui la correlazione tra la menzogna e la falsità da un lato e la vita e l’esperienza dall’altro, disegna la testimonianza, la malattia mortale e la terrestre visione nella resistenza della parola. Ma non possono esserci distinzioni tra cattolici e non cattolici nell’esame di una coscienza, di una fragilità, di una resistenza. La letteratura investe l’animo e lo deposita nella pagina. Non si può non citare Carlo Bo: Antonio Spadaro ne sottolinea la parola necessaria, che non è evasione o passatempo, ma spirito salvifico. Letteratura come vita, “che abbia la stessa qualità della vita”. Bo non ama mai l’astrazione, un certo distacco.
Scriveva Flannery O’Connor ad un’amica sul rapporto tra fede, cattolicesimo e letteratura: “Tu non scrivi al tuo meglio per restituire con gli interessi il tuo talento al Dio invisibile affinché ne disponga come meglio crede”. Siamo in un cammino di avvenimenti, nella realtà che si vede, che si sente, che si gusta e si tocca indipendentemente da un valore morale, da un desiderio di fuga o da un traino trascendente.
Al centro rimane l’uomo, un mistero infinito, la ricerca di un punto di snodo. Il poeta Mario Luzi ammoniva in un’epoca successiva all’ermetismo e fondata specie su un’apertura spirituale: “La poesia non può essere scritta contro il mondo, ma è concepita dentro di essa”. Lo è per chiunque, credente e non credente.

 

Giuliano Vigini, saggista e docente all’Università Cattolica di Milano, oltre ai numerosi contributi sulla storia dell’editoria e sulla letteratura cristiana antica e moderna (dalla Bibbia a sant’Agostino, da Dante a Manzoni) ha pubblicato studi e traduzioni di scrittori francesi moderni e contemporanei: da Pascal a La Rochefoucauld, da Hugo a Anatole France, da Bloy a Péguy a Mauriac, da Claudel a Saint-Exupéry. Già collaboratore della rivista Studi francesi e del Dizionario critico della letteratura francese (1972), diretto da Franco Simone, è autore di Naturalismo (2016), Scrittori “contro”. La rivolta nella letteratura francese tra secondo Ottocento e Novecento (2021) e Il grande inquisitore. Léon Bloy (2022), oltreché del repertorio Il Novecento letterario francese in Italia. Bibliografia delle traduzioni (1901-2000), con la presentazione di Giovanni Bogliolo (2002-2003, 2 voll.)

About Annalina Grasso

Giornalista, social media manager e blogger campana. Laureata in lettere e filologia, master in arte. Amo il cinema, l'arte, la musica, la letteratura, in particolare quella russa, francese e italiana. Collaboro con L'Identità, exlibris e Sharing TV

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