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Annalina Grasso

Giornalista, social media manager e blogger campana. Laureata in lettere e filologia, master in arte. Amo il cinema, l'arte, la musica, la letteratura, in particolare quella russa, francese e italiana. Collaboro con L'Identità, exlibris e Sharing TV

Oscars 2022. ‘Belfast’, l’omaggio di Kenneth Branagh alla sua città natale

Belfast

"Mi sento irlandese. Non penso che si possa togliere Belfast da un ragazzo”, così parlò Sir Kenneth Branagh a proposito della scelta di omaggiare la città natale con il film personale che si è voluto regalare arrivato a sessantuno anni e diventato rispettato, osannato e invidiato nella ex nemica Inghilterra per i primati accumulati nel teatro scespiriano e i mega film d’intrattenimento. “Belfast” opera lo stesso procedimento di auto-fiction di Sorrentino e non a caso i rispettivi film si ritrovano tra i nominati dei prossimi Oscar; se aggiungiamo, poi, che permane ancora l’eco del capolavoro autobiografico “Roma” di Cuaròn ed è annunciato in post produzione “The Fabelmans”, dedicato da Spielberg all’infanzia trascorsa con un amatissimo zio in Arizona, si capisce quanto il genere diaristico stia registrando presso i grandi autori un revival impetuoso.

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Oscars 2022. ‘Il potere del cane’ di Jane Campion: il profeta diventa cowboy

il potere del cane

Il potere del cane della regista Jane Campion, nella cinquina dei film candidati all'Oscar 2022 come miglior film internazionale, non è un un capolavoro e nemmeno un “anti-western”. Riguardo al genere – diciamo: western terminali – non c’è paragone con il barocco, onirico, sballato I cancelli del cielo (1980; dirige Michael Cimino) o con il lucido, commosso, violento film di Clint Eastwood, Gli spietati (1992). D’altronde, il romanzo di Thomas Savage (ottimo autore di genere), da cui dipende la pellicola di Jane Campion, non ha a che fare con Meridiano di sangue, il libro definitivo di Cormac McCarthy. Questione di altezze e di fango; interessante, semmai, far caso al fatto che il West americano pare una rotolo-rotocalco aggiunto al biblico Libro dei re: è sempre una vicenda di eredi, di fratelli, di promesse, di tradimenti, sopra cui incombe la cupa morale di un dio amorfo, morboso, cupo.

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Silenzio, dettaglio e utopia nell’opera di Paolo Volponi, tra Adriano Olivetti e Pasolini

Volponi

Nonostante intorno all’opera di Volponi si registri ormai un notevole risveglio di interesse, confermato dalla pubblicazione di due raccolte di letture critiche (Nell’opera di Paolo Volponi, numero monografico di «Istmi» e E Volponi ci manca, numero speciale di «Hortus») e di alcuni scritti inediti, permangono delle zone d’ombra su questioni teorico-letterarie di indubbia importanza, nonché su alcuni aspetti, e non quelli meno significativi, inerenti alla precisazione della sua poetica, soprattutto correlati all’apporto degli intellettuali con i quali lo scrittore urbinate intratteneva costanti scambi culturali; il riferimento è a Leonetti, Roversi, ma anche a Fortini, Pampaloni e Giudici che lavoravano con lui alla Olivetti di Ivrea e, in particolare, a Pasolini che Volponi ha sempre considerato uno dei suoi maestri: «dico sempre – dichiarava in un’intervista rilasciata nel 1988 e pubblicata dopo la sua morte – che ho avuto due maestri nella vita, uno è Pier Paolo Pasolini, l’altro è Adriano Olivetti».

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Antonio Sorella, prof. di italianistica: ‘Sapere usare l’italiano ad alti livelli significa ragionare ad alti livelli’

sorella

Antonio Sorella è professore ordinario di Linguistica italiana dal 2002, e dal 2016 di Lingua e letteratura italiana attualmente in servizio presso il Dipartimento Dilass dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti e Pescara. Si è laureato in Lettere antiche presso la facoltà di Lettere e Filosofia di Chieti, con una tesi in Storia della lingua italiana. Nella stessa disciplina ha conseguito il Diploma di Perfezionamento presso l’Università “La Sapienza” di Roma, discutendo una tesi su I tempi storici nella prosa italiana moderna il 12/7/1983 (tutor Aurelio Roncaglia, relatore Luca Serianni, correlatore Alberto Asor Rosa).

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‘Una vita violenta’, l’edizione anastatica della Garzanti in occasione del centenario della nascita di Pasolini

vita

Una vita violenta, romanzo del 1959 di Pier Paolo Pasolini, riprende i temi e gli ambienti di Ragazzi di vita e rivela Pasolini al pubblico e alla critica, un libro sentito, soccorso dall'intelligenza e dall'amore da parte dell'autore per i frammenti narrativi, che si rifanno alla tradizione letteraria ottocentesca. Già per Ragazzi di vita la critica aveva parlato di un superamento del neorealismo, dovuto a una specie di conflagrazione linguistica per cui ogni sentimentalismo e documentarismo residui nel neorealismo erano andati in pezzi. Con Una vita violenta il processo in atto va avanti. L'ambiente con il suo brulicare di episodi e di figure non è più l'oggetto diretto del racconto, ma è in funzione di un unico personaggio centrale, la cui storia, pur nella sua violenza e confusione, è una vera storia, con quanto di epico ma anche di razionale questo significa.

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Sanremo 2022. La mistificazione della musica e della realtà. Zalone fuoriclasse

sanremo 2022

Nel 2019 fu la volta del ragazzo figlio di madre italiana e padre egiziano perfettamente integrato a vincere il Festival di Sanremo con la canzone "Soldi" le cui frasi in arabo e rime furbe avevano mandato in visibilio la giuria di qualità (infima) radical chic che annullò il verdetto popolare che voleva Ultimo al primo posto, quest'anno, a Sanremo 2022 Mahmood si è presentato in coppia con tale Blanco cantando "Brividi", canzone inascoltabile e incantabile, con scontato inserto rappato, testo debole e messaggio mainstream incorporato, la solita solfa dell'italo-immigrato e del carrozzone gender-fluid che ha fatto la differenza più che la canzone stessa e le voci lagnose dei tue interpreti.

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“Racconti di storie irrilevanti”, l’essere se stessi secondo Matteo Deraco

Deraco

Lo scrittore romano classe 1984 Matteo Deraco, con la raccolta Racconti di storie irrilevanti, EditLab edizioni (realtà editoriale che promuove l’interattività), 2020, si misura con una scrittura cinematografica, che è stata sua materia di studio. Il desiderio di essere se stessi e di dare il ben servito alle convenzione, costituiscono i topics principali della raccolta di Deraco, il quale si chiede e chiede al lettore se sia più semplice rispettare e assecondare gli altri e la maschera che ci siamo costruiti oppure cambiare rotta, decidendo di accontentare noi stessi, disinteressandoci del giudizio altrui e di quello che molte persone si aspettano da noi.

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