Rileggere lo scontro in Palestina e più in generale nel Vicino e Medio Oriente attraverso le lenti della geopolitica e della geografia è l'unico sistema per sganciarlo da una narrazione pre-costruita ad uso e consumo dell'Occidente. Il giurista tedesco Carl Schmitt nel suo studio sul concetto di politico affermò che tutti i concetti più pregnanti della moderna dottrina dello Stato sono concetti teologici secolarizzati poiché sono passati alla dottrina dello Stato dalla teologia. Secondo il prof. Claudio Mutti la stessa geopolitica, pur essendo una scienza del tutto profana, non è estranea a questa dinamica evolutiva. E, di fatto, esiste una segreta influenza, per lo più sconosciuta o ignorata dagli odierni analisti geopolitici e geo-economici, esercitata dalle scienze tradizionali sull’immaginario collettivo. Esiste dunque un profondo impatto residuale degli archetipi della geografia sacra sedimentato nell’immaginario collettivo che determina la struttura stessa del pensiero geopolitico. La geopolitica ha dunque una discendenza diretta dalla geografia sacra. E questa relazione si esprime in modo determinante e visibile a tutti in primo luogo nella contesa attorno ai centri spirituali.
Read More »‘Chiamami col tuo nome’: l’ultimo stucchevole e manierista film di Guadagnino ormai calamitato dal remake
Gli strenui supporter di Chiamami col tuo nome –curiosamente signore e signorine trendy in testa- ci tengono a dichiarare ossessivamente che non si tratta di un “un film di gay”. Sospetto di mani messe avanti a parte, ci sembra che questo vero e proprio mantra danneggi il suo aspetto cruciale e cioè la capacità di descrivere la tensione omoerotica. Aspetto, per di più, che secondo noi costituisce il suo unico merito. Guadagnino è un ex critico che sa strutturare le sue opere con grande abilità professionistica, ma proprio qui risiede la sua maggiore debolezza: tanto devoto ai maestri ispiratori quanto calamitato dai remake (A Bigger Splash lo era di La piscina ed è già pronto quello di Suspiria), ha, in effetti, ricalcato l’adattamento del novantenne specialista Ivory dell’omonimo romanzo di André Aciman (Guanda editore) sugli amatissimi modelli. Verrebbe da chiosare che secondo logica sarebbe preferibile rivolgersi agli originali, ma c’è di più: gli omaggi e le riletture (Viaggio in Italia, Il giardino dei Finzi Contini, Novecento, Morte a Venezia, Io ballo da sola Teorema e chi più ne ha più ne metta) ci mettono poco a dirottare nell’estetismo, nel manierismo, nell’affettato e nello stucchevole.
Read More »‘L’ora più buia’ di Wright: la ricostruzione dei venti giorni che determinarono le sorti delle democrazie occidentali durante la seconda guerra mondiale
Imperniato sulla ricostruzione dei venti giorni che determinarono le sorti dell’Inghilterra e conseguentemente delle democrazie occidentali nella Seconda guerra mondiale, il film del londinese Wright (Anna Karenina, per citare uno dei suoi film più celebri), L'ora più buia, ha praticamente ipotecato la statuetta per il miglior attore alla prossima edizione degli Oscar. Gary Oldman, infatti, al di là dello strenuo lavoro del truccatore, è superlativo nello scolpire Winston Churchill anche sul piano del carattere, lo spirito e il pensiero per la cui attendibilità non sarebbe bastata la sola performance mimetica.
Read More »Perché mente e coscienza non sono un epifenomeno come sosteneva Huxley, ma rispettivamente un tribunale recondito e flusso degli stati vissuti da un Io
È quasi impossibile trovare oggi in un articolo di biologia termini come “mente” o “coscienza”, al cui posto leggeremo: neuroni, proteine, sinapsi e così via…, donde d’improvviso – con un salto dalla prosa scientifica alla poesia immaginifica – la mente è spiegata come “ciliegina sulla torta” (E. Boncinelli) o “fischio della locomotiva” (A.G. Cairn-Smith). Il termine ufficiale usato dal conformismo riduzionista è “epifenomeno” (un’invenzione del “mastino di Darwin”, T.H. Huxley), che significa “fenomeno derivante da un altro”: siccome però nel mondo tutti i fenomeni derivano da altri (proprio nello studio delle loro concatenazioni causali consistono le scienze) e “poiché là dove mancano i concetti, s’offre, al momento giusto, una parola” (J.W. von Goethe, “Faust”), il termine serve solo, secondo il diavolo, a celare la mancanza d’ogni concetto a riguardo di cosa sia la mente.
Read More »Il mercato dell’Arte tra aste, musei e alta finanza
Il mercato dell’arte coincide dunque in larga misura con quello delle aste, l’unico, come s’è detto, in grado di offrire valori pubblici e obiettivi, misurabili e verificabili. Poiché i maggiori e più importanti incrementi, in termini sia di fatturato sia di quantità di intermediazioni, negli ultimi anni sono stati registrati proprio dal mercato delle aste, si può dire che esso è radicalmente cambiato e fortemente cresciuto. Il 2000 è stato un anno di capitale importanza per le case d’asta: New York è stata la sede principale di questo tipo di mercato, al secondo posto si è collocata Londra, mentre Hong Kong ha rappresentato la sede caratterizzata dalla maggiore crescita in termini percentuali. Solo pochi anni dopo, per la prima volta, si è determinata un’importante inversione di tendenza, che si è andata consolidando negli anni successivi: se l’Asia ha stabilizzato la sua posizione sul mercato, si è assistito a un affiancamento, dovuto alla crescente globalizzazione del mercato, dell’Europa agli Stati Uniti; i compratori quindi sono sempre più internazionali e disposti a comprare in qualsiasi parte del mondo. Inoltre, sono comparsi nuovi capitali liquidi provenienti dalle economie emergenti che, geograficamente e culturalmente, sono pronte a percepire l’Europa, e in particolare Londra, come un solido mercato internazionale alternativo e complementare a quello di New York. Nel 2004 è stata registrata, da una parte, una moderata ma costante diminuzione delle vendite negli Stati Uniti, dall’altra, un lento ma continuo aumento di quelle in Europa e una rapida impennata in Asia. Questi dati sono fondamentali per delineare il processo che, se non si pone come vera e propria delocalizzazione delle vendite (dagli Stati Uniti verso altri continenti), sicuramente segna un netto ampliamento della geografia delle intermediazioni più importanti, e individua un nuovo tipo di cliente, molto più internazionale e ‘globalizzato’ rispetto al passato.
Read More »James Ensor, il pittore satirico e anarchico delle maschere che ha anticipato le tendenze moderne e la società di massa
Anarchico, satirico e assolutamente incompreso, almeno fino al 1929 quando Re Alberto I scelse di nominarlo barone; da quel momento James Ensor, che aveva sempre fomentato critiche asprissime nei confronti della borghesia attraverso i suoi dipinti, decise di ritirare tutte le copie de “L’alimentazione dottrinaria”(1889), un’acquaforte su carta giapponese che rappresenta tutta la malsana pidocchieria dei potenti (il re e i suoi ministri) nell’atto di defecare sui sudditi (la massa) che nel frattempo accolgono l’offesa spalancando le fauci, pronte ad ospitare gli escrementi. Un ritratto ruvidissimo della società belga di fine Ottocento che vedeva sul trono Re Leopoldo II. Ma Ensor – che da socialista umanitario passò a coltivare posizioni di totale anarchismo – aveva ben compreso che gli uomini dovevano venir tutti malmenati a colpi di pennello, eccetto rari casi.
Read More »‘Tre manifesti a Ebbing, Missouri’, il thriller, venato di humour nero, capolavoro dell’inglese Martin McDonagh
l film ideale non esiste perché davanti a uno schermo siamo tutti diversi. Invece la sceneggiatura ideale forse sì e in tal caso assomiglierebbe certo a quella di Tre manifesti a Ebbing, Missouri. Tralasciando la messe di premi importanti che ha ottenuto e continuerà a ottenere, questo torbido thriller venato di humour nero che sarebbe meglio vedere nella versione originale sottotitolata riesce, infatti, a scolpire l’indimenticabile ritratto di una donna che sopravvive, pensa e lotta in una landa selvaggia come un moderno cowboy rendendola il fulcro narrativo di un gruppo di personaggi altrettanto spiazzanti e perturbanti.
Read More »‘Benedetta follia’ di Carlo Verdone ci consegna un’Ilenia Pastorelli attrice a pieno titolo
Che Ilenia Pastorelli, l’inconsapevole fatina di “Jeeg Robot”, fosse una forza della natura lo si era già capito, ma Verdone è riuscito a tramandarla come attrice a pieno titolo. La sua verve sexy in bilico tra il “ci è o ci fa” (la sciroccata) imperversa, infatti, in Benedetta follia, shaker dolceamaro delle tematiche più congeniali al talento ragionato del regista trait d’union tra la tracotanza dei mostri anni Sessanta e la fragilità degli eredi psicotici della commedia all’italiana. Il suo segreto si conferma, infatti, quello dell’abilità e la malizia con cui il suo alter ego schermico è indotto a confrontarsi con le controparti femminili che lo blandiscono e l’umiliano, ma infine gli offrono puntualmente una chiave per restare i piedi sui travagliati saliscendi della vita.
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