Si è svolto questo fine settimana la 53esima edizione del Premio Campiello letteratura. Anche quest’anno la giuria dei letterati,composta da Federico Bertoni, Riccardo Calimani, Philippe Daverio, Chiara Fenoglio, Paola Italia, Luigi Matt, Ermanno Paccagnini, Silvio Ramat, Patrizia Sandretto Re Rebaudengo e presieduta dal politologo e saggista Ilvo Diamanti, si è riunita nella nell’Aula Magna Galileo Galilei del palazzo del Bo’ dell’Università di Padova.
La cinquina dei finalisti è stata dunque svelata:
“Il tempo migliore della nostra vita” di Antonio Scurati (edito da Bompiani)
“La mappa” di Vittorio Giacopini (edizioni Il saggiatore)
“L’ultimo arrivato” di Marco Balzano (edizioni Sellerio)
“Cade la terra” di Carmen Pellegrino (edito da Giunti)
“Senti le rane” di Paolo Colagrande (edizioni Nottetempo)
“La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin” di Enrico Ianniello uscito per Feltrinelli si è aggiudicato il Premio Campiello “Opera prima”.
Come ha dichiarato Federico Bertoni, la produzione narrativa italiana degli ultimi anni è molto variegata. Le tendenze e i filoni principali possono essere indicati riferendoci alle tre dimensioni temporali del passato, presente e futuro. Il passato emerge da uno dei classici della letteratura, ovvero il romanzo storico, anche se vi sono alcuni tentativi di esperimenti interessanti. Il presente è rappresentato dal romanzo d’inchiesta, dalla narrativa di genere e da temi di attualità come la violenza, il terrorismo. A prevalere è tuttavia il romanzo psicologico, intimista e familiare. Il futuro emerge invece da una narrativa di stampo fantascientifico e dal romanzo apocalittico. In sintesi, possiamo dire che vi è un forte recupero della tradizione narrativa della modernità. Si cerca di abitare il presente e di trovare un punto d’intersezione tra destino individuale e destino collettivo.
Ora non resta che attendere il giudizio dei lettori che decreteranno il vincitore della 53esima edizione del premio. Il meccanismo, evidentemente efficace, ideato per proclamare il vincitore è rimasto immutato dall’esordio del Premio: una duplice giuria, una tecnica ed una popolare. La prima preposta a nominare i cinque finalisti, la seconda giuria invece, che varia ogni anno ed è composta da 300 lettori, è chiamata a scegliere il vincitore. Il Premio Campiello ha costruito la sua identità e la sua forza proprio sull’idea della doppia giuria ricavandone almeno due vantaggi: ha inaugurato per primo la formula di una giuria popolare, formula adottata in seguito da altre manifestazioni e l’essere considerato in breve tempo uno dei premi più prestigiosi.
Il premio fu istituito infatti nel 1962 dagli industriali veneti da sempre predisposti ad offrire il loro contributo alla promozione e alla diffusione della narrativa italiana e ad incentivare il piacere per la lettura. Da anni il premio si impegna a segnalare al grande pubblico di lettori autori e romanzi degni di attenzione. Oggi il Premio è ritenuto uno dei più prestigiosi nel panorama editoriale italiano.
Per chi non lo sapesse il nome “Campiello” è un omaggio ad una commedia di Carlo Goldoni in cui l’autore veneziano vuole evocare, come sempre, la sua Venezia affollata da personaggi di ogni ceto sociale, portatori di vizi e virtù. Il campiello nelle città veneziane è una piazzetta ristretta, più piccola di un campo appunto, nella quale sboccano le calli. Di solito, sebbene piccoli, erano un punto focale di incontro delle persone, centri della vita sociale di un quartiere. E spesso nei campielli si trovava “la vera da pozzo” fondamentale per la città in quanto unica fonte di approvvigionamento d’acqua potabile. Il Premio che viene attribuito al vincitore è appunto la riproduzione in argento di un pozzo veneziano. Sulle prime sembrerebbe un’idea bizzarra eppure l’idea di associare la letteratura ed i libri ad una piazza centro pulsante di vita non è certo un caso. E l’effige del pozzo di acqua potabile ci ricorda che la letteratura, nonostante tutto, rimane ancora l’unica fonte di “approvvigionamento” a cui possiamo attingere.